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Le domande dell’Amore

Le domande dell’Amore

Non si era mai posta troppe domande e, se lo aveva fatto, non aveva centrato il cuore del problema. L’amore le era sempre sembrato una condizione necessaria e sufficiente, l’energia di ogni persona e cosa, il motore per la bellezza e l’evoluzione e per ogni cambiamento possibile e impossibile.

E ancora credeva che fosse così, ma non era quello il nucleo. Non era quella la domanda da farsi: cosa è l’amore? No, l’amore non poneva domande simili. L’amore ne aveva altre e lei non si era mai resa conto. Solo quando il balletto delle voci delle amiche aveva iniziato a creare confusione e lei le aveva zittite, quando la storia più appassionata e luminosa e incredibile della sua vita si era accartocciata e a lei era richiesto di abituarsi alla velocità del tuono si era accorta di avere sempre amato senza rispondere alle domande più importanti. Aveva dovuto cadere per accorgersi, scivolare a una curva inattesa e sbattere contro un ostacolo e rialzarsi confusa per poi precipitare in mezzo ai sassi e alle foglie nel sole di una primavera che avanzava verso una Pasqua che avrebbe creduto differente. Uscita dal corpo, aveva osservato le gambe e le braccia buttate a caso e il cuore che aveva smesso di pompare sangue e aveva compreso di essere morta. Beh, insomma, morta, quasi: una parte di lei era morta, non tutto.

– Ehi.

La voce l’aveva raggiunta nel cervello, non nelle orecchie (le orecchie stavano attaccate al corpo raggomitolato un paio di metri più in basso rispetto al punto dove lei fluttuava, e sembrava proprio messo male). Si era voltata senza muoversi, un po’ troppo veloce perché ancora non gestiva bene la nuova condizione. L’aveva visto. Aveva visto lui, il suo volto non più volto, il sorriso ancora più sorriso e l’amore sempre più amore.

– Non dovevi arrivare adesso. Ho dovuto fare in fretta, ero in giro per mare. Mi sono accorto del tuo arrivo ma non me l’aspettavo.

Il mare? Lui aveva sorriso. Sapeva cosa stesse pensando.

– Sì, abbiamo il mare anche qui. Abbiamo tutto. Ma perché sei venuta adesso?

Veramente non volevo. O forse sì. Aveva dato un’altra occhiata al corpo, era una fortuna non essere più là dentro: doveva fare male, chissà quante fratture.

– Te la potresti cavare. Puoi ritornare lì. Non era il momento, sai. Ripareranno le fratture. La cosa più grave è il cuore, quello è proprio rotto. Ma non è una roba da cardiochirurghi, è un problema diverso e lo sai.

Non me ne voglio andare, mi sento bene qui. Così leggera, e con lui davanti. Possibile che?

– Sì, possibile. Puoi interrompere il tuo viaggio se vuoi. Ma era un viaggio bello, sarebbe un peccato. Stavi imparando tante cose.

Imparare. Soffrire, voleva dire. Si decise a parlare. Lui sapeva tutto, i pensieri erano parole mute ma voleva che intuisse che li dirigeva a lui.

– Perché sei andato via, tu?

– Da te? Mai. Comunque sono stato scemo, lì per lì mi sono sentito un cretino. Succede, e non è stata solo colpa mia: nel linguaggio della vecchia vita direi che si è trattato di un omicidio colposo con omissione di soccorso solo a metà. Ma non ci pensare.

Se fosse stata ancora nel corpo si sarebbe sgretolata, peggio che dopo la caduta vera. Avrebbe pianto, gli avrebbe urlato contro che l’aveva lasciata da sola. Gli avrebbe detto che poi, dopo, era successo che…

– So cosa è successo. Ho visto tutto. C’ero, ci sono sempre stato. Facevo anche il tifo, lo sai.

Era bello, lì. I colori era più vividi, alcuni non esistevano nel mondo da dove veniva. I profumi (quanto aveva amato i profumi, sempre) erano parte dei colori e del volo e della libertà e dei sensi amplissimi che stava rapidamente guadagnando. Il suo corpo, peccato per il corpo: non era così vecchio, avrebbe potuto indossarlo ancora se non fosse stato così distrutto. Ma il problema era il cuore: come poteva dare ancora amore ai pazienti, a chi la cercava, a tutta quella gente che si sentiva consolata da lei se il cuore si era rotto?

– Vieni qui.

Non fu un abbraccio, fu un compenetrarsi di energia. Di anime, forse. Lo sentì. Sentì ciò che era stato e ciò che era, e ciò che mai sarebbe passato. Mai, mai, mai. Sentì l’eterno.

– Ti sei solo posta la domanda sbagliata. Sempre.

– Dimmi quale domanda.

– L’unica domanda che avrebbe salvato il tuo cuore era la stessa che mi ha fulminato quando sono arrivato qui. La vuoi sapere?

– Certo. Dimmela, adesso.

Le sorrise. Ancora di più, ancora meglio. Fu come un vento di amore indicibile.

Come stai quando ami? Senza immaginare di ricevere, senza costruirci sopra bugie o sogni che niente hanno a che vedere con il cuore. Come stai tu quando lasci andare libero il tuo amore? Un cuore non si spezza mai così per ciò che sta dando, ma perché ha pensato di dovere ricevere.  Anzi, facciamola più semplice. La domanda vera è: tu chi sei? Chi sei nuda, senza le stronzate che si infilano sopra l’essere e senza il balletto assurdo che quando siamo nel corpo inventiamo perché siamo convinti che si debba costruire qualcosa. Tu chi sei?

Chi sono, io? Arrotolò la domanda nell’energia enorme e libera che la incendiava. Iniziava a non desiderare più la vista del corpo morto: non era importante.

– Tu sei amore. E sei un’anima. Ciò che tu ami diventa amore. Il resto è illusione. Il resto sono prove da superare.

Nessuno poteva togliere l’amore. Lei era amore. Lui era amore, e non era mai andato via.

– Nel tuo corpo recitavi un ruolo. Ma avevi dimenticato che era solo un ruolo. Tu sei amore, sei andata là per questo e non è nel tuo percorso fermarti e perderti in un gorgo di sentimenti che non vogliono funzionare. Sei amore: stai bene perché dai, l’incontro con te ha significato per chi lo vuole cogliere altrimenti non è problema tuo.

– Ma.

– Ma niente. Ognuno ha scelto un percorso prima di infilarsi nella scomodità di un corpo fisico. Non puoi interferire con il percorso altrui se non offrendo ciò che sei e accettando che a volte la bellezza finisca. In nessun caso puoi bloccare il tuo cammino, ecco perché sei caduta. Credevi di potere controllare, inventare, modificare realtà che non dipendevano da te, e così intralciavi la tua luce. Il tuo fantastico volo.

Vide. Sentì i blocchi che lei stessa aveva creato, le parole che aveva pronunciato come se fosse sconnessa da un’essenza che adesso le era così chiara. Vide come in un meraviglioso quadro che nessuno perde nessuno, ci si incrocia più volte e si rivestono ruoli che servono a qualcosa. Ma lo si capisce dopo.

– Sicura di non volere ritornare un po’ là, adesso?

– Vorrei restare qui con te, nell’eternità di questa pace.

– Puoi farlo. Ma l’armonia che volevi creare prima di partire sul serio, prima di lasciare quel mondo? Hai lasciato davvero tutto in armonia?

– No. Avevo appena colto l’importanza dell’armonia e sono caduta. Sarà un bel casino con tutte quelle fratture.

– Sì. Ma stanno arrivando a prenderti, senti le sirene? Ti cureranno.

Dietro di lui una luce, non l’aveva notata prima.

– Tu sei in luce.

– Sì. Ma posso ritornare, non sono mica in prigione. Lo siete voi, ma solo quando decidete di esserlo. Tu meno degli altri, per la verità. Non ti sei mai lasciata ingabbiare facilmente, tranne quando amavi mettendo in mezzo l’ego. L’ho fatto anch’io, alcune volte, e ho imparato che non è un modo sano di amare.

– Già. Ma adesso.

Provò ad abbracciarlo di nuovo. Vibrò altissimo, e l’amore perfetto che sentì fu un ritrovarsi di due anime antiche che erano nate gemelle.

– Resterai con me?

– E dove vuoi che vada?

Quando fu risucchiata indietro il dolore la colpì fino a stordirla. Svenne e non seppe altro che buio.

Si era poi risvegliata, giorni dopo. E alle facce preoccupate che la osservavano in lacrime aveva sorriso.

– Ho sempre sbagliato la domanda. Ma adesso no, adesso so chi sono.

La prima cosa che fece uscendo dall’ospedale, poi, fu di spegnere il telefono cellulare. L’amore non aveva bisogno di altro che di sé. Chi era destinato a incrociare il suo cammino, volentieri e in libertà, l’avrebbe fatto.

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